LEGAL AND SOCIAL MEDICINE AND ALLIED SCIENCES

Home | Un sistema di logica | My Publications | Prisons | Illegalità e criminalità | News | Newsletter | Laws and Bioethics | Pathology | Homicide | Suicide | Clinical | Psychiatry | Toxicology | Genetics | Other sciences | Criminal behaviour | Mass Disasters | Medical Malpractice | Human rights | Terrorism | Aiuto peritale | review of the reviews
Illegalità e criminalità

X-ray image

Il testo che segue è mia opera esclusiva. Potete leggerlo, stamparlo per uso privato, usarlo citando la fonte ma non commerciarlo. Il testo è già stato consegnato al mio Editore per la pubblicazione.

 

 

                     ILLEGALITA' E CRIMINALITA'

 

 

Capitolo I

 

Lo studio circa le male azioni dell'uomo e le loro conseguenze, per molti anni condotte, mi ha portato infine alla consapevolezza di poter indagare sulle ragioni e sui fini di esse. Esaurita ormai la curiosità di conoscere le fisiche conseguenze della violenza, mille e più volte tentata la ricostruzione di eventi delittuosi, la strada non può essere ormai, per me, che quella di capire e spiegare le cause che sembrano ispirare la commissione di tanti e tanto gravi reati, le situazioni in cui essi maturano, la lentezza e spesso la vanità delle indagini e della punizione.

Alla decisione di esaminare questi problemi, cui forse la mia preparazione non sarà. ritenuta sufficiente, hanno concorso l'interesse per gli affari giudiziari e per i luoghi in cui la punizione si realizza in concreto, e, più di recente, quel di corrotto che s'è finalmente rivelato nell'amministrazione della cosa pubblica e privata; ancor più tuttavia, la coscienza che, quanto minore è il numero dei delitti, tanto meglio possono vivere sia la nazione sia i cittadini, delinquenti compresi.

Probabilmente il Lettore non troverà nulla di originale in questo testo, né io ho la pretesa di riferirgli fatti nuovi o curiosi. I limiti temporali e topografici sono quelli del “qui e ora", dei tempi e dei luoghi che tutti meglio conosciamo. Né ci si aspetti un'analisi approfondita di casi giudiziari, o idee innovative in tema di lotta alla mafia, o interpretazioni sugli effetti delle temperature estive su taluni soggetti.

Il mio materiale è semplicemente quello delle notizie quotidiane, e il mio metodo è quello della meditazione su questi fatti, attraverso il filtro dell’esperienza e della lettura delle esperienze e meditazioni altrui.

Nel momento in cui scrivo queste frasi, sono ben conscio che lo sforzo sarà vano. Molti prima di me, e ben più meritevoli, hanno appunto potuto conoscere la vanità di studi e ricerche condotte con grandi mezzi, perché lo studio della condotta criminale non sembra portare alcun beneficio nella applicazione pratica.

 

Capitolo II

 

Se torniamo brevemente indietro negli anni, possiamo facilmente renderci conto che un grande sforzo intellettuale è stato fatto per capire la condotta criminale, per giudicare secondo giustizia, per punire equamente. Abbiamo cercato di misurare il grado della colpa e l'intensità del dolo. Abbiamo stabilito leggi precise, e abbiamo deciso che solo la loro violazione poteva comportare una pena. Abbiamo contato i giorni di prigione corrispondenti alla commissione di un atto criminale. Abbiamo infine tentato di valutare se l'uomo delinquente fosse davvero libero nella scelta della sua condotta. Proprio su questo aspetto, nell'ultimo secolo antropologi, medici legali, sociologi, giuristi, genetisti, psicologi hanno prodotto molti brillantissimi studi. In merito alla previsione della condotta criminosa, grandi studiosi hanno dedicato buona parte della loro vita professionale.

Se guardiamo ai fatti, non sembra che i risultati pratici siano stati particolarmente brillanti. Negli anni, grandi e significative variazioni nel numero complessivo dei delitti non vi sono state, anche se pare, nell'insieme, che sia in diminuzione il numero dei delitti contro la persona, mentre è in aumento il numero dei delitti contro la proprietà, ed in particolare quello dei furti, che ancor più grande sarebbe se solo potessimo contarli tutti. Numerose prigioni sono state costruite, eppure la loro capienza globale non è mai sufficiente. Il carcere è stato invaso da psicologi ed educatori, ma l'efficacia di questi interventi non sembra tanto importante. Le istituzioni deputate alle indagini sono state dotate di persone e mezzi, per scoprire i colpevoli e rendere meno incerto il giudizio. Eppure la massima parte dei furti e buona parte degli omicidi volontari non arrivano al giudizio, e vengono archiviati perché è ignoto l'autore del reato, perché, cioè, non è stata individuata una persona cui addebitarlo.

E allora, pare necessario guardare a questi problemi da un altro punto di vista, che tenga conto più del buon senso che di principi indefettibili, e che sia essenzialmente pragmatico.

Capitolo III

 

Ne ignoro il motivo profondo, ma per molti anni sono stato convinto che una condanna alla detenzione significasse che il condannato doveva stare in prigione per quel preciso numero di anni, mesi e giorni. Solo molto più tardi ho capito che non è assolutamente così, che cioè alcuni ci vanno davvero, ed altri no, e alcuni di questi ultimi non vedono neppure scritta la loro condanna sul certificato penale. Per coloro invece che debbono soggiornare in prigione, sono previsti forti sconti della pena detentiva, se solo si comportano bene.

Ero anche convinto che si dovesse andare in prigione solo se un giudice pronunciava una sentenza di condanna, pur ammettendo che una persona colta sul fatto ci dovesse andare subito, perché la condanna sarebbe stata inevitabile.

Si trattava, come è evidente, di sciocche fantasie di ragazzo, poiché, come ognuno se ne avvede, la vera pena in buona parte dei casi non consiste nella condanna, bensì nell'inquisizione, cioè nell'esser sottoposto ad indagine: la eventuale condanna rappresenta talvolta un'aggiunta facoltativa.

Se questa eventualità non si realizza, qualcuno si rallegrerà, e qualcun altro porterà pazienza.

Allora la gente che abita le prigioni è composta almeno di due categorie: una parte attende il processo (di primo grado, o di secondo grado, o di Cassazione) e una parte è già stata condannata (in primo grado, o in secondo grado, o in via definitiva). E' evidente che le due categorie hanno tendenza a sovrapporsi l'una con l'altra.

Pensavo anche che le prigioni riservate ai condannati fossero differenti da quelle riservate a coloro che sono in attesa del processo, ma così non può essere, dato appunto che le categorie si sovrappongono.

Immaginavo che i condannati per delitti molto gravi fossero tenuti separati da quelli che semplicemente avevano detto "sciocco" a un vigile urbano, o che tenevano in tasca qualche bustina di polvere bianca per loro privato consumo. Anche se esistono luoghi riservati agli ergastolani, non si sbaglia dicendo che spesso, sotto lo stesso tetto, si trovano pluriomicidi, ladri, rapinatori, spacciatori di droga, oltraggiatori di pubblici ufficiali, corruttori e corrotti, concussori e concussi. Tutti hanno in comune un'unica condizione: si professano innocenti.

 

Capitolo IV

 

Forse qualcuno di loro è innocente. L’ISTAT però ci dice che molti di loro sono innocenti, nel senso che, all' esito finale dei processi, vengono riconosciuti tali, qualche volta per un cavillo giuridico, qualche volta perché lo sono davvero. E’ inevitabile allora domandarsi, dato che sono innocenti, perché sono finiti in carcere: tenterò più avanti di dare una risposta.

Dobbiamo comunque ammettere l’assunto che in carcere vi siano colpevoli e innocenti, già condannati o in attesa di giudizio, persone appena entrate e persone che stanno per uscire perché hanno finito di scontare la pena.

E’ singolare la diversità del comportamento tra coloro che non si aspettano la carcerazione e coloro che invece lucidamente la possono prevedere in base alla loro condotta.

Questi ultimi l'accettano quasi fosse un infortunio sul lavoro, ma si impegnano tuttavia per renderla quanto più breve e più comoda sia possibile, gli altri la vedono come un affronto personale.

Da questi diversi atteggiamenti possono nascere importanti problemi di ordine medico: quanto ai primi, la simulazione di malattia, quanto ai secondi, una reazione psicogena abnorme che può portare ad una malattia psicosomatica o al suicidio.

Un caso a parte è rappresentato dai mafiosi e dagli appartenenti a gruppi criminali organizzati di questo tipo. Esclusi i grandissimi capi, che non ne hanno bisogno per affermare il proprio prestigio, per gli altri è un punto d’onore tenersi fuori dal carcere, usando le strutture sanitarie a proprie beneficio. Il mafioso in carcere potrebbe essere riconosciuto come tale soltanto in base al gran numero di esami strumentali, sofisticati e costosi, che gli vengono praticati, gratuitamente s'intende.

Un'altra caratteristica, o tentativo, dei mafiosi a livello medio e basso, è quella di precostituirsi l'infermità di mente. Il soggetto, in epoca non sospetta, sviluppa surrettiziamente un'infermità di mente (non importa quale, basta che al bisogno lo possa rendere incapace di intendere e di volere) e la fa debitamente attestare mediante opportuni ricoveri: se accusato di qualche delitto, il mafioso potrà far valere la sua "malattia" e guadagnarsi il ricovero in manicomio giudiziario, donde potrà uscire prima e più facilmente, grazie ad una opportuna “guarigione”, tanto più probabile in quanto non è mai stato "malato" o "infermo di mente".

Capitolo V

 

Esiste una stranezza nelle nostre leggi. Non so se essa compaia anche in altre legislazioni, e, se c'è, non è sicuramente allo stesso livello.

Le nostre leggi sono molto complesse, molto articolate, fanno richiami a norme precedenti che in parte ne vengono abrogate, le ipotesi delittuose sono minuziosamente previste, le pene diligentemente commisurate a queste ultime. Così sono le leggi penali, così quelle amministrative.

E' una bellissima, puntigliosa, illeggibile da parte dell'uomo della strada, apparentemente coerente costruzione, nella quale si sono impegnati i migliori intelletti giuridici della nazione. L'impegno tecnico è certamente soverchiante, tale comunque da impedire di pensare alle conseguenze sociali di tali leggi.

E infatti, la prima e più ovvia conseguenza è l'interpretazione di esse: dall'umile circolare esplicativa di un ministero fino alla dotta sentenza della Corte costituzionale, è un fiume cartaceo che accompagnerà inevitabilmente il testo di legge.

La seconda conseguenza è rappresentata dalle inevitabili sequele giudiziarie, centrate appunto sull'interpretazione di esse.

La terza conseguenza è che la legge non potrà mai essere esattamente conosciuta dalle persone che la debbono rispettare, e da poliziotti e carabinieri che debbono farla rispettare.

Infine, ultima e più grave conseguenza: può accadere che le infrazioni siano tanto numerose e variabili, che la punizione del colpevole rappresenti un vero e proprio evento casuale, di tal che il reo non si sentirà punito per il reato, ma perseguitato dalla malasorte.

Colpevoli per sorteggio? In alcuni casi certamente sì.

Alcuni esempi banali possono chiarire il punto di vista. a) è eccezionalmente raro che un contribuente subisca un accertamento fiscale, ma quando lo subisce è eccezionale che non debba pagare qualche ammenda, perché, per quante imposte uno paghi, ce n'è sempre qualcuna non pagata o non pagata per intero. b) c'è una norma del codice della strada che impone dei limiti di velocità. La massima parte dei conducenti procede usualmente ad una velocità adeguata al mezzo, alla strada, alle condizioni meteorologiche, alle condizioni del traffico, alle proprie condizioni psico-fisiche. Questa velocità è di solito un po' superiore a quella massima, imposta dalla norma, cosicché è sufficiente un autovelox, che misuri esattamente quelle velocità, per colpire quei relativamente pochi automobilisti che hanno la sventura di passare davanti allo strumento, fra i milioni di automobilisti che in quel momento stanno "violando" quella norma del codice della strada. Noi tutti, io credo, dobbiamo ringraziare il buon senso della Polizia stradale, che interviene quando sia effettivamente necessario. c) il furto è uno di quei reati per i quali è frequentissima l'archiviazione per essere ignoto l'autore del reato stesso. In altri termini, per alcuni tipi di furto (furto in appartamenti, furti d'auto, ecc.) non vengono fatte indagini, o solo indagini sommarie, cosicché l'identificazione e l'eventuale cattura del ladro avvengono solo se il ladro è colto sul fatto, e quindi sono del tutto casuali.

Tutto questo contribuisce a dare un'immagine molto distorta dell'amministrazione della giustizia, e ne viene a mancare il rispetto. I sentimenti del cittadino si tradurranno in opinioni, e queste saranno diffuse nella popolazione.

Non ci si può dunque attendere la collaborazione della popolazione, quando tale collaborazione divenga necessaria. Questa mancanza di collaborazione potrebbe anche chiamarsi omertà, della quale vi sono peraltro anche altre cause.

La prossima imbarazzante domanda è questa: perché le leggi sono così congegnate? Le imbarazzate risposte non possono essere che queste: o il legislatore non è in grado di far di meglio, o le fa così a bella posta.

 

Capitolo VI

 

Ricorda il Lettore l'annosa istoria del Codice della Strada che, pronto da anni, non ci si decideva a promulgare perché farcito di errori, e intanto si usava quello del 1957, quando più numerosi delle automobili erano i carri a buoi? Per rimanere in tema: ricorda il Lettore il nome di quel Ministro della Repubblica che voleva farci andare tutti a meno di 110 km/ora sulle autostrade?

In fondo però sono cose molto banali, se le poniamo a confronto con il codice penale, che è stato promulgato nel 1930, e dunque elaborato negli anni venti, e che perciò risente delle idee politiche di quegli anni, e forse questo è il male minore, ma risente anche delle idee giuridiche di allora, e forse questo è il male maggiore.

Per quanto più da vicino mi riguarda al piano didattico e professionale, emergono dal codice penale fantasmi del remoto passato, come quello di Cesare Lombroso, nome noto al Lettore, che forse ricorda che la prima edizione dell' "Uomo delinquente" è del 1876. Numerose, sempre nel campo di mio interesse, sono le cosiddette "fictiones juris", cioè delle "licenze" che il codice si concede per "ragioni di politica criminale". Sono "licenze" fastidiosissime: in pratica il codice entra in contraddizione con se stesso, e chi ha il dovere di applicarle non può far altro che ricorrere a piccole astuzie per rimediare al danno. Un altro fastidiosissimo aspetto riguarda il nesso di causalità materiale. In questo specifico settore, in verità, il codice ha solo la colpa di equiparare l'azione all'omissione, il che evidentemente non è lecito sul piano concettuale. E' la dottrina giuridica che è responsabile dei guasti maggiori. Sostenendo infatti che è causa di un evento ogni azione od omissione, anche di minima importanza, purché necessaria al verificarsi dell'evento, si finisce per criminalizzare e punire anche azioni od omissioni che non hanno nulla di criminoso.

C'è qualcosa in tutto questo che ricorda l'ossequio servile ad un Principe che poteva e doveva avere i mezzi per imporre, a sua discrezione ed eventualmente, il proprio volere. Mi domando se non sia ancora cosi, e se la figura del Principe sia ancora attuale, dopo un opportuno cambio di nome.

 

 

    Capitolo VII

 

Le mie sciocche lamentele non finiscono qui. Mi sono sempre domandato perché l'Amministrazione dello Stato chieda al cittadino documenti e certificati che sono già in suo possesso. Banalità: se hai bisogno di rinnovare la patente di guida, o il passaporto, o quant' altro, devi recarti presso numerosi altri uffici e sportelli per avere dei documenti che ti serviranno per averne un altro.

Pare possibile che, mediante una rete di computers, l'Amministrazione sarà in grado di risolvere questi problemi in tempo reale.

Sono passati però ormai molti anni dall'avvento degli elaboratori, e ancora buona parte dell'Amministrazione procede con la penna d'oca.

Dirà il Lettore paziente:che importanza hanno mai queste osservazioni, pur vere, in un saggio di criminologia? Apparentemente nessuna importanza specifica, come è evidente. Nella sostanza, però, costituiscono un esempio della natura dei rapporti che intercorrono fra i cittadini e l'Amministrazione. A questo, è da aggiungere il modo con cui, alquanto spesso, il rappresentante dell'Amministrazione si comporta nei confronti del cittadino e viceversa.

Si tratta indubbiamente di noiose sciocchezze, quando sia necessario rinnovare la patente di guida, ma quando si tratti di avere una licenza edilizia o una licenza commerciale o altro di rilevante, allora entriamo nel possibile campo della corruzione e della concussione. Quanto più numerose infatti sono le "firme" necessarie per avere una licenza o un permesso purchessia, tanto più facilmente, per un'ovvia ragione statistica, si possono realizzare tali fenomeni. In altre parole: quanto più numeroso è il personale addetto, tanto più lenta è la progressione della "pratica" e tanto più facili la corruzione e la concussione. Vi è anche un altro elemento: i controlli progressivi riguardano la correttezza formale, non la correttezza sostanziale. Si tratta cioè di controlli sulle carte, non sulle cose, cosicché i maggiori imbrogli spesso si celano dietro il candore di una pratica formalmente immacolata. Il peggio è che, se qualcuno viene accusato, si difende affermando di avere seguito scrupolosamente la legge, ed è vero. E' una situazione omologa agli "scioperi bianchi" di talune categorie di lavoratori che, decidendo di seguire esattamente quel che il regolamento prescrive, riescono a paralizzare tutta l’attività.

C'è chi vede in una normativa così perfettamente elaborata sul piano formale una sorta di maestà e dignità della Legge: per lo meno è ciò che vi ha visto il Legislatore. Altri invece ci vedono una sorta di viltà, perché norme siffatte tendono alla propria tutela e alla tutela di chi le ha prodotte, e non a regolamentare la convivenza dei cittadini.

Questo modo di pensare si diffonde inevitabilmente nei rapporti interindividuali, creando situazioni analoghe.

La prevalenza degli aspetti formali sugli aspetti sostanziali ha portato a conseguenze del tutto inaccettabili.

Ricorderò, limitandomi tuttavia a ciò che meno imperfettamente conosco, che la legge n. 180 del 1978 sui malati di mente ha proibito i nuovi ingressi nei manicomi, senza provvedere a soluzioni alternative per i malati gravi. Che la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale ha concesso a tutti l’assistenza gratuita, mandando in rovina il bilancio dello Stato e obbligando a rammendi e rattoppi casuali. Che la legge sull’interruzione della gravidanza ha fatto sì che l’aborto diventasse in pratica un metodo contraccettivo. Che la socialmente avanzatissima legge penitenziaria sia in pratica inattuabile. Che le leggi sugli stupefacenti hanno subito nel tempo inspiegabili capovolgimenti. Et coetera. Attendiamo con ansia le leggi prossime venture, ed i guasti che produrranno, pronti a farvi fronte.

 

Cap. VIII

E' da leggi così contorte e scombinate che nascono i delitti contro la pubblica amministrazione, l'elusione e l'evasione fiscale, i privilegi inammissibili ma garantiti da una norma che ormai viene rifiutata. Viene subito alla mente la cosiddetta immunità parlamentare, che qualcuno ha ribattezzato "impunità parlamentare". Ma voglio anche aggiungere le false pensioni di invalidità, che hanno rappresentato per anni un modo di acquisizione del consenso e dei voti, e l'equo indennizzo per i dipendenti civili e militari dello stato, che rappresenta spesso un modo per distribuire denaro a tali dipendenti e quindi per acquisirne il consenso. Ed infine, e ciò è materia di indagine nel momento in cui sto scrivendo queste righe, sono venuti alla luce i cosiddetti affitti facili e l'uso improprio di telefoni cellulari.

Emerge, mi sembra, un quadro caratterizzato da una illegalità diffusa. La stampa ha usato questa espressione, che a me pare eufemistica. Non sarebbe più adeguato parlare di delinquenza diffusa? In fondo, non vi è molta differenza tra chi compie un furto in un appartamento e chi ruba una pensione, o ruba l'uso di un appartamento o di un telefono cellulare.

Si dirà: in fondo si tratta di piccole cose. Rispondo: è vero, però sono molto diffuse e alla fine la somma di denaro sprecata, o rubata,è molto grande, ben più grande della somma delle tangenti di cui siamo finora a conoscenza. Nessuno tra i nostri criminologi si è occupato a fondo di questi aspetti. Ricorderò gli studi di Piero Paradiso e di Correra e Martucci, che non rappresentano però una ricerca condotta sul campo, e quelli di Franco Cazzola, che propriamente criminologo non è, ma che ha il pregio di scendere nella realtà concreta della casistica, per quanto le informazioni disponibili gli hanno consentito. Attendiamo ancora uno studio così approfondito come quello di Marshall Clinard sui misfatti delle imprese multinazionali.

Per averlo, dovremo forse attendere i processi di Tangentopoli, e le relative sentenze. E' questa una delle ragioni, di carattere conoscitivo, che a mio parere suggeriscono la necessità di giungere al dibattito nelle aule dei tribunali.

La ragione strettamente connessa è che i cittadini debbono sapere esattamente ciò che è accaduto e debbono introiettare il concetto che ad ogni reato deve conseguire la pena. Quest' ultimo è il punto più importante.